You're my Sunshine (L)

FF inventata

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    Da un mondo speciale, in cui ogni cosa è reale <3

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    CAPITOLO 1

    Ed eccomi qui, sentendomi come la piccola fiammiferaia nella grande città, che vaga senza meta e senza sapere esattamente dove andare. Riuscivo a cavarmela, anche se devo ammettere che non era merito del mio senso dell’orientamento (totalmente inesistente). Mi ero trasferita insieme alla mia famiglia, abbandonando così il delizioso paesino di campagna in cui abitavamo. Tutto mi mancava di quello splendido posto: le colline, le praterie smisurate, gli animali, l’aria aperta.. Ma si sa che quando arriva a tuo padre un’offerta che capita una sola volta nella vita è impensabile chiedergli di rinunciare.

    Mi piaceva la nuova casa: più grande dell’altra (con il nuovo stipendio di papà e il lavoro della mamma potevamo permettercelo), anche se la cosa migliore di tutte era che non dovevo dividere la stanza con quell’impiastro di mia sorella.

    La scuola sarebbe iniziata tra poco meno di una settimana, e mia madre aveva già conosciuto metà del quartiere, mentre io ancora nessuno, tranne qualche stupido ragazzo che tentava di rimorchiarmi. Sospirando entrai a casa, chiudendomi la porta alle spalle. Vi trovai mia madre insieme ad una vicina. Era carina, con un sorriso dolce e tenero sul viso, mi venne incontro abbracciandomi e dandomi due baci sulle guance.

    « Tu devi essere Sophie! Tua madre mi ha parlato talmente tanto di te che non vedevo l’ora di conoscerti! » Parla, per poi scoppiare in una risata cristallina.

    Arrossii fino alla punta dei capelli, per poi sorridere imbarazzata mentre lei mi accarezzava i capelli lisci e lunghi che sciolti mi ricadevano sulle spalle.

    « E’ un piacere anche per me signora » risposi, mentre fortunatamente mia madre ci diceva di tornare in cucina. Ci andammo insieme, mentre mamma la presentava e mi diceva ogni cosa inutile su di lei. Le informazioni più importanti erano che si chiamava Julie, era sposata e aveva un figlio.

    « Ho saputo che frequenterai la scuola pubblica.. Anche mio figlio va lì, potreste andarci insieme! » L’unica risposta che sembrava essere concessa era sì. « Anzi, perché non andiamo tutti a cena insieme stasera? » Chiese a mia madre.

    Spalancai gli occhi e la bocca facendo cenno di no con la testa: era snervante questa donna! Ci eravamo appena conosciute e già voleva andare a cena? Ti prego mamma.. No! Le dicevo con lo sguardo da cane bastonato e gli occhi dolci.

    « Ma certo Julia! Verremmo tutti, così Sophie potrà conoscere tuo figlio! »
    Che cosa?! Rimasi a bocca aperta fissando mia madre che aggrottò le sopracciglia assumendo la tipica espressione “lo fai e basta, niente storie.”

    Mi voltai e mi diressi in camera mia. Faceva caldo, quindi mi cambiai i jeans e mi misi un vestitino. Lasciai i capelli sciolti e misi un paio di ballerine ai piedi. Un leggero trucco ed ero pronta per uscire. Diretta in salotto passai davanti alla camera di mia sorella che era letteralmente sottosopra: c’erano vestiti dappertutto e continuava a cambiare idea su cosa indossare, come truccarsi, come pettinarsi ecc.

    Mi avvicinai silenziosa e bussai alla porta che era già aperta. Quella era la mia sorellina, che si faceva sempre in quattro per sembrare più grande.
    « Stai andando ad una sfilata? » Chiesi, ironica.
    « Ma no idiota! Il figlio di Julie è un gran fico! Voglio fare bella figura! » Mi rispose continuando a sistemarsi.
    « E tu come lo sai? » inarcando un sopracciglio.
    « La mia amica Brittany, la tizia che sta dall’altra parte della strada. E’ una specie di gossip girl, sa sempre tutto di tutti. » Mi spiegò. Sospirai scuotendo il capo. Ahh.. La gioventù!
    Poco dopo partimmo, diretti alla pizzeria, dove Julie e la sua famiglia ci stavano già aspettando.

    Scesi dalla macchina e andai a salutarla, passando poi a suo marito e a suo figlio.

    Rimasi stordita qualche secondo: era.. Bellissimo. Non avevo mai visto un ragazzo così attraente. Aveva gli occhi dello stesso colore del mare, i capelli castani e alzati con il gel. Un fisico asciutto e muscoloso allo stesso tempo. Indossava un paio di jeans e una maglietta che risaltava la parte superiore del corpo. Un gran fico davvero.

    « Ciao, tu devi essere Sophie.. Io sono Simone, piacere » e la sua voce.. Era come il canto delle Sirene per Ulisse. Solo che io ero Ulisse e lui era la mia Sirena.


    Zac.

    Dannato colpo di fulmine!
     
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    CAPITOLO 2

    Quando mi resi conto di essere rimasta fissa ad osservarlo con un’espressione da pesce lesso dipinta sul volto sbattei le palpebre più volte, rischiarendomi la voce e cercando di tornare in me.

    « Sì, sono Sophie. » Sorrisi. « Andremo alla scuola pubblica insieme mi ha detto tua madre.. Sempre che non sia un problema per te » puntualizzai. Perché mai uno del genere doveva prendersi la briga di portare me, la nuova arrivata fino a scuola? Era un’utopia.

    « Certo, entriamo? » Mi chiese, porgendomi la mano.

    Se fossi stata un gelato mi sarei sciolta e sparsa dappertutto. Con le gote colorite da quell’offerta annuii, allungando la mano e prendendo la sua: non solo era bello, ma anche gentile.

    La serata passò in fretta, mentre io e Simone parlavamo del più e del meno, imparando a conoscerci. Si offrì di mostrarmi la città terminata la cena. Tutto insieme a lui sembrava più bello, la sua voce e la sua risata risuonavano nell’aria, creando un’atmosfera che mi faceva stare bene, che mi rallegrava.

    Passando in una via poco illuminata (da lui definita una scorciatoia per arrivare prima a casa) c’imbattemmo in un gruppo di brutti tizi laggiù. Sentì Simone irrigidirsi quando loro si rivolsero a me con fare poco educato, ma gli posai una mano sulla spalla, trattenendolo.

    « Torniamo a casa dai » gli dissi, per poi avviarmi senza mollargli il braccio. Avevo paura, ma cercavo di non darlo a vedere. Non mi seguì subito, ma prima lanciò un’occhiataccia ai tre brutti ceffi, seguendomi poi e passando un braccio sulle mie spalle.

    Mentre camminavamo uno dei tre mi piombò addosso, strappando dal mio polso il braccialetto che mi aveva regalato mia nonna.

    « Con questo ci facciamo un bel gruzzoletto ragazzi! » Disse agli altri due con un ghigno sul viso. Avevo già le lacrime agli occhi vedendo la sua mano sudicia tenere quell’oggetto che per me era il più prezioso di tutti. Guardai Simone pregandolo con gli occhi di lasciar stare quei tre e di portarmi a casa.

    Così fece, salutandomi sulla soglia della porta di casa. Era freddo e distaccato però, come se avesse la testa da un’altra parte.

    « Buonanotte » gli dissi, prima di rientrare in casa.

    Chiusa la porta non riuscì più a trattenere le lacrime e cominciai a piangere a dirotto, spiegando a mamma e papà quello che era successo, soprattutto del braccialetto che mi avevano rubato quei tre idioti. Passarono un’ora a consolarmi, mentre io singhiozzavo sia per il dono, sia per come Simone si era comportato.. Così freddo e distaccato..

    Tirai su con il naso, stringendo il fazzoletto bagnato di lacrime in mano. Mi alzai, ma mentre mi dirigevo verso la mia camera sentì bussare la porta. Deglutii, aprendola..

    Era.. Lui.. Simone.

    Aveva un occhio nero e del sangue gli colava dalla tempia destra. La maglietta strappata sulla spalla, un pugno chiuso e stretto. Stava tremando.

    « Oh mio dio! Ma che è successo? »

    Mi guardò fissa per un momento, per poi alzare il pugno e aprire la mano, entro la quale c’era il mio braccialetto.

    « Dovevo recuperare questo » sussurrò appena, sorridendo.

    Rimasi a fissare quello che teneva in mano per un secondo che parse interminabile, per poi guardare lui.

    « L.. L’hai fatto per me? »

    Per tutta risposta mi mise il bracciale in mano, chiudendola poi su di esso. Passò le mani sui miei fianchi, avvicinandomi a lui. I nostri occhi parlavano, non serviva la voce. E poi.. Posò le labbra sulle mie in un dolcissimo, intenso bacio.
     
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